Il 2014 si preannuncia come un anno di test cruciale per il segmento che fino a sei mesi fa sperava di scrollarsi di dosso la denominazione di “mercati emergenti” (EM) e che ora aggiunge a diffusi casi di incertezza politica anche problematiche di gestione dei bilanci del tutto simili ai Paesi già “emersi”, o developed markets (DM). I deflussi da parte dei fondi specializzati hanno continuato a causare anche in Dicembre una contrazione delle posizioni sia sull’azionario che sull’obbligazionario, ed anche sulle local currencies. Confrontando poi i livelli di spread sui CDS anche per il rischio sovrano pare arrivato il momento di un riequilibrio e quindi più facilmente di un allargamento dello spread di alcuni Paesi ex emergenti verso i Paesi DM del G20, un vero e proprio ribilanciamento in termini di rischio opportunita’.
Dall’ennesimo downgrading del Venezuela e il rischio deriva che coinvolge anche l’Argentina, sino al nuovo minimo storico toccato dalla lira turca vs euro, il 2014 è ricco soprattutto di scadenze elettorali. Nel Sud dell’Asia con oltre 900 milioni di persone chiamate a votare in India, Indonesia, Bangladesh e Afghanistan. Non meno importanti sono le elezioni tra Maghreb e Medio Oriente per: Egitto, Algeria, Tunisia, Iraq, Libano, Siria e Turchia. Esiti elettorali importanti in molti Paesi ove le tensioni interne hanno danneggiato il consenso domestico agli investimenti di portafoglio come in Turchia o creato problemi nel settore energetico. Il quadro si completa con le elezioni brasiliane, quelle europee e quelle del Congresso Usa.
E’ evidente l’esigenza di mettere a fuoco il peso della variabile politica, che non è di poco conto in molti casi per la tenuta socio economica, ed una necessaria analisi molto selettiva del comparto emergente nel suo complesso, soprattutto per il primo semestre del 2014 che potrebbe diventare molto critico a causa dell’onda lunga degli effetti del tapering Usa sulle curve dei tassi e l’andamento delle valute locali.
Sono poche infatti le divise in controtendenza come nel caso del peso messicano, risultata la migliore valuta a livello mondiale, sulla scia anche della notizia che dell’imminente e definitiva conclusione dell’iter di approvazione della legge di riforma del settore energetico che mira ad eliminare per la prima volta nella storia del Paese il monopolio statale della Pemex, un fattore fondamentale che attirerebbe copiosi investimenti da parte di operatori esteri e privati e supporterebbe un rimbalzo del PIL.
Ovviamente fuori dal circolo vizioso della correlazione con il dollaro Usa vi sono le divise CEE che gravitano nell’area euro come lo zloty polacco ed il fiorino ungherese ed alcune divise asiatiche che hanno aderito favorevolmente al processo di internazionalizzazione dello yuan rembimbi diversificando gli scambi dal dominio del dollaro Usa, come lo won coreano.
Tra le peggiori divise contro euro quest’anno bolivar venezuelano (-34.3%), peso argentino (-25.65%), rupia indonesiana (-23%), rand sudafricano (-21.59%), lira turca (-16.23%) e real brasiliano (-15.29%). Rendimenti molto negativi che hanno vanificato anche i più allettanti rendimenti sugli assets in divisa locale.
La fase di sorpasso sui DM è una partita sospesa per il prossimo anno e questo apre la strada ad ulteriori massimi per i mercati azionari G8, ovviamente Russia compresa. Perché’ nonostante gli scricchiolii di una politica sempre più “nostalgica” di Putin , la partita geopolitica l’ha vinta lui, sia in Siria che con l’Iran con grande delusione di sauditi e israeliani e la solita “ingenuità” americana, insieme ad una buona dose di opportunismo, che come nel caso della guerra in Iraq finirà per costare, e molto, in termini di sicurezza all’area mediorientale, e con un ulteriore fase di instabilità post elettorale dagli esiti e costi , non solo economici, difficili da prevedere. L’ultimo colpo di mano poi in Ucraina, che ricorda l’intervento degli Emirati nella crisi di Dubai, ha permesso di riportare il Paese nella sfera di influenza russa tagliando fuori l’Unione europea ed evitandone il default. Le elezioni europee e le scommesse sull’Unione bancaria diventano così una opportunità per il continente europeo per recuperare potere politico ed economico in una fase di transizione dove , con l’Asia distratta da troppe elezioni e dalle rinnovate tensioni nordcoreane e gli emergenti “scarichi” di attrattiva, vi è la concreta possibilità di vincere la partita dei flussi di investimento anche verso gli Usa.