Sulle ceneri di una terza guerra mondiale tutta finanziaria combattuta globalmente e vinta dalle banche centrali tornate protagoniste, stati sovrani e banche cercano di seguire il percorso tracciato dall’uscita dalla recessione limitando i danni di un ultimo colpo di coda proveniente dai risultati dell’Asset Quality Review e gli stress test EBA. Sul terreno restano i BRIC ormai divisi tra una Cina sempre più protagonista di una catarsi politico economica complessa e il resto della brigata in piena tempesta valutaria e quindi con la variabile politica che ha preso il sopravvento mettendo sotto pressione le divise ed inserendo nel contesto anche Turchia, Sudafrica Venezuela, Ucraina, Tailandia ed Argentina alla schiera degli “intoccabili”, tranne per gli amanti dell’ottovolante e degli investimenti più rischiosi.
Non a caso il G20 di Sidney ha affrontato il tema della ripresa economica mondiale con grande attenzione alle turbolenze nei Paesi emergenti che non sono evidentemente da ascriversi esclusivamente alla dinamica di politica monetaria Usa ma soprattutto a fattori implosivi locali che condizionano le prospettive economiche globali. Infatti spesso sono frutto di una sottovalutazione di una seconda fase della globalizzazione che stiamo affrontando facendo i conti con i danni da eccessi di delocalizzazione e tentativi di arginare l’effetto positivo dell’era digitale con prese di posizione molto rigide da parte di sistemi politici che tornano autoritari e cercano il controllo di internet come platealmente in Turchia e Venezuela , ma non da meno sono Cina e Usa anche se con scopi e modalità ben differenti e più fisiologiche alla sicurezza dello stato. Tutto va contro il principio fondamentale della globalizzazione che doveva portare ad una vera redistribuzione di lavoro e ricchezza ma non vede miglioramenti sul lato delle disuguaglianze sociali, etniche e di genere, anzi la crisi finanziarie le ha esacerbate.
Così i dati non brillanti delle ultime settimane, per quanto condizionati dalle festività del Capodanno cinese, mettono in dubbio l’affrancamento della Cina dal tentativo di uscire dalle politiche legate all’export manifatturiero per puntare a riforme che portino ad uno sviluppo guidato dalla domanda interna ma che necessariamente vuole un completamento del processo di liberalizzazione di tutti i settori economici e nuove politiche per aumentare il reddito. In questo senso la decisione della Banca Centrale di espandere la libera fluttuazione dello yuan rembimbi in “modo ordinato”: facilitando attività di cross currency swaps, aumentando la banda di oscillazione, migliorando il meccanismo di formazione del cambio, accelerando quindi il processo di convertibilità’ dimostra l’immutata determinazione dei cinesi di raggiungere l’obiettivo di inserirsi tra le divise attualmente presenti nelle riserve internazionali dei Paesi a pieno titolo ed entro il 2020. Stessa determinazione nel conquistare il podio sui consumi e quindi sul controllo di un mercato dell’oro ormai liberalizzato all’interno, (altro asset da riserve!), le cui importazioni son salite del 32% nel 2013 rispetto ad un calo dei prezzi del 28% superando dopo 10 anni di predominio l’India, vittima delle sue stesse restrizioni alle importazioni, resesi necessarie per cercare di ridurre il deficit di parte corrente.
Il dinamismo e il cambiamento di approccio al mercato da parte dei cinesi è dimostrato anche dalle reazioni alla mega acquisizione di WhatsApp da parte di Facebook , che ha permesso un’analisi rivalutativa del rivale cinese WeChat , legato a Tencent. WeChat dovrebbe aver raggiunto i 313 milioni di utenti a fine 2013, rispetto ai 450 ml di WhatsApp e sulla stessa base di valutazione di 42$ per utente valere circa 13 mld di $, che si aggiungono alla capitalizzazione di 140 mld $ di Tencent, portando così il rapporto con i profitti netti a 48 volte rispetto ad un P/E di Facebook previsto a 55 per il 2014. Tutto ciò per dire che visto che Facebook e’ bloccato in Cina mentre WeChat è una piattaforma completa di servizi di pagamento digitale e giochi on line , che mancano a WhatsApp, correttamente Barclays valuta il valore per utente a 95$ e ne discende quindi un potenziale, non solo in Cina ma anche nel resto dell’Asia, tale da offuscare anche una così importante operazione ed ad alzare il tiro della lotta ad occupare spazio e consumatori nella connettività mondiale e quindi sui servizi di base di Internet e non solo. La Cina quindi non demorde ed anzi prende le distanze definitivamente da una concezione di Paese emergente proponendosi in un ruolo di “hedge” rispetto alla crisi che stanno vivendo gli emergenti, ma per molti invece il nuovo modello cinese tarda ad avere positivi effetti sulle Borse cinesi e quindi vedono nel dollaro australiano il vero “hedge” sulla debolezza cinese, indotta anche dalla riduzione dei Paesi di sbocco delle sue stesse esportazioni!!