I segnali ci sono tutti: gli Usa rallentano oltremisura dopo aver chiuso il 2014 con una crescita del PIL al 2,4% e si apprestano a veder ridimensionate le previsioni per il 2015. Soprattutto a fronte di un primo trimestre estremamente debole allo 0,2%, rispetto al quarto trimestre 2014 (+2,2%). Non solo. Anche le vendite al dettaglio, i consumi, l’indice PMI manifatturiero e gli investimenti aziendali non brillano.
C’è chi spera si ripeta il miracolo dello scorso anno con un secondo e terzo trimestre eccezionali. Nulla ci stupirebbe più per un Paese come gli Usa, la patria della “revisione dei dati a posteriori”: una pratica sfruttata soprattutto a ridosso di appuntamenti elettorali o banalmente e più recentemente in concomitanza con la rielezione di Obama. Ma dalle minute pubblicate ieri è evidente che addirittura si potrebbe avere una revisione al ribasso di quel risicato + 0,2 per cento.
Alla riunione di Providence di oggi il discorso della Yellen non potrà evitare di dare un’indicazione, tenendo conto del mandato e degli obiettivi su inflazione e occupazione, prima di alzare i tassi. Ma gli Usa sono in effettiva difficoltà a causa dell’effetto combinato del calo dei prezzi del petrolio che ha bloccato le nuove attività di fratturazione idraulica delle rocce per l’estrazione di shale oil e shale gas e ha fatto crollare nuove perforazioni, come si vede dall’indice Rig Count (Baker Hughes). In Texas l’occupazione si è fermata dopo 6 anni di boom ed è rientrata ai livelli del 2009, cioè quando iniziò la febbre da shale oil. Anche altri Stati come il Wyoming, il North Dakota e l’Alaska subiscono una frenata delle loro attività legate all’industria energetica. Se non bastasse il ridimensionamento delle attività del settore petrolifero, l’acuirsi dei problemi sociali, anche su base etnica, hanno impattato sul PIL.
Ormai, non è solo l’ormai evidente disparità di trattamento delle forze dell’ordine tra “bianchi e neri” a preoccupare, ma anche dati sociali che evidenziano un netto peggioramento negli ultimi 5 anni delle aspettativa di vita, occupazione e servizi sociali nei quartieri a maggioranza afro-americana. Per non parlare poi di un sistema scolastico fallimentare, al quale Obama non si è mai interessato, e che non riesce a garantire adeguati livelli di istruzione ai neri che accedono a scuole disastrate, lontane da standard moderni in termini di mezzi e di strutture di accoglienza.
Segnali di malessere anche nei trasporti pubblici come evidenziato dall’acceso dibattito al Senato seguito al deragliamento del treno Amtrak che non è un caso isolato. Infatti recentemente altri incidenti e deragliamenti hanno coinvolto i mezzi di questa compagnia statale fortemente indebitata, che ormai è diventata un caso da risolvere anche per il Governo. Gli Usa sono ormai un malato cronico ed Obama non è certo Dr. House anzi ha fallito sulla politica interna come su quella estera per inesperienza, incapacità decisionale e mancanza di lungimiranza. Grazie ai settori ad alto valore aggiunto come tecnologici e biotech, parte del mercato azionario aiuta un consolidamento delle quotazioni sui massimi, ma l’aria che si respira per un periodo già pre-elettorale resta molto delicato.
Resto dell’idea che settembre sia il momento più appropriato per abbandonare la linea dei tassi a zero, nella speranza che la deflazione non faccia capolino di nuovo rendendo la decisione della Yellen più sofferta per quanto “politicamente corretta”, invece che preventiva rispetto a una crescita dell’inflazione.