Il recente ed ennesimo downgrading di S&P porta il rating della Grecia un ulteriore gradino in basso. Precisamente nel livello “spazzatura” del merito di credito sovrano.
L’agenzia di rating vede un 50% di probabilità per Grexit, laddove lo stesso premier Tsipras ammette che la Grecia non sarebbe in grado di gestirla e di affrontarla. La mossa del referendum – se può suonare come “ineccepibile” per le regole democratiche e del politicamente corretto – è stata giocata furbescamente e certo in modo non trasparente nei confronti sia dei creditori e anche dei cittadini.
Il Premier greco che ha raccolto il Paese con una situazione di ripresa economica in atto da ben due trimestri non ha voluto e saputo impegnarsi nell’abolizione di quei privilegi fiscali e pensionistici che fanno della Grecia un Paese anomalo per livello di garanzie rispetto ai sacrifici che negli altri Paesi europei come Portogallo, Italia, Spagna e Irlanda hanno permesso di recuperare dalla deflazione e stagnazione economica.
Far pagare al resto dell’UE l’incapacità politica di affrontare una trattativa cruciale fa di Tsipras un politico mediocre e demagogico che – consapevole di aver perso consensi – ha tentato l’ultima carta a sua disposizione e cioè quella del populismo senza lungimiranza e coerenza.
Il coniglio fuori dal cappello allo scadere del pagamento con l’IMF magari 5 mesi fa poteva essere considerato democratico, ora appare solo la conferma di un default annunciato.
I livelli tecnici da monitorare sulla tenuta della periferia ovviamente restano: 1) lo spread BTP/BUND entro i 200 bp; 2) il Bund Futures che se attrae come in questi casi gli acquisti di chi cerca un rifugio sicuro appare imbrigliato tra 0.80 e l’1%.
Il cross EURUSD (che fisiologicamente vale 1.10, e che potrebbe scivolare anche a 1.08 senza colpo ferire per l’UE), ha sollecitato un consolidamento delle posizioni espresse in USD che sono anche incrementate di recente via futures ed ETF.
Il gap tra decennale italiano e USA si sta allargando dopo un momentaneo allineamento al 2.3% e i flussi di portafoglio stanno penalizzando anche i mercati asiatici nonostante il recupero di martedì mattina.
Rispetto alla crisi del 2010-2012 l’esposizione al settore privato greco da parte dell’UE si è notevolmente ridimensionata e anche i periferici sono nettamente più solidi e meno esposti d’allora. E la dimostrazione del successo del piano di “austerità” UE è evidente nei casi di Portogallo e Irlanda che hanno onorato e gestito molto bene i programmi di bailout.
Ora il predominio della variabile politica è la vera nota di disappunto per gli operatori in un palcoscenico dove tutti, a partire dai tedeschi, tendono a parlare a sproposito e giocano a rimpiattino insieme al FMI con i mercati, annunciando tutto e il contrario di tutto alimentando speculazione e volatilità.
In un periodo di avanzata degli euroscettici Tsipras cavalca il risentimento popolare come un qualsiasi imbonitore di masse esauste dal tira e molla di Governi che – soprattutto in passato – hanno depauperato la Grecia dell’essenza di una struttura economica e produttiva erosa pesantemente per lasciare il posto a un garantismo di Stato deleterio cronicamente per i conti pubblici.
Stasera il mancato pagamento al FMI scatenerà il concatenarsi di cosiddetti cross default sui prestiti EFSF che a sua volta a seconda della decisione del Board formato dai Ministri finanziari dell’area euro potrebbe portare al default dei bond governativi greci e quindi a far scattare le clausole contrattuali sui Credit Default Swap ad essi legati.
Gli estremi del contagio rispetto al passato sono nettamente più contenuti e BCE e banche Centrali sono attive nel mantenere una situazione equilibrata e quindi a gestire un default controllato, inevitabile tanto quanto la fuoriuscita di Tsipras che continua a illudersi che se vince il referendum potrà fare la voce più grossa.