Dopo la Fed, la sensazione di un’assenza di trend e del bicchiere mezzo vuoto è evidente. La Yellen si è scoperta con una vocazione globale lasciando così un tempo limitato ad importanti decisioni che alcuni tra i Paesi Emergenti in maggiori difficoltà dovranno prendere, Brasile, Turchia e Cina prima degli altri.
Il Presidente cinese Xi Jinping arriverà negli Usa preceduto dalle sanzioni contro gli hacker cinesi e in un momento estremamente delicato per le relazioni tra Cina e America.
Come in un risiko poco virtuale e molto realista, intanto, le navi da guerra cinesi si son posizionate nei pressi dell’Alaska, dove Obama è riuscito quasi in contemporanea a catturare l’attenzione sul problemi climatici dando al contempo l’autorizzazione a nuove trivellazioni per incrementare le possibilità di sfruttare nuovi giacimenti offshore.
Con la medesima ambiguità, Xi raffredda le tensioni su nuove svalutazioni dello yuan cercando così di tenere calmi i partner asiatici con i quali gli scambi in yuan e gli acquisti sui bond nella divisa cinese son stati più cospicui. Secondo una ricerca riservata fatta dall’FMI sugli effetti del rallentamento cinese, in primo piano tra i Paesi maggiormente colpiti ci sono l’Australia, l’Iran, il Kazakhstan, l’Arabia Saudita, il Cile e lo Zambia, con riferimento evidentemente agli effetti bilancistici. Ma anche gli effetti collaterali derivanti dalla debolezza dei Mercati Emergenti pesano sul quadro economico globale, in discussione in settimana tra i due maggiori attori dell’economia mondiale.
Il Presidente Xi deve necessariamente portare a casa un risultato in vista dell’approvazione finale del Tredicesimo Piano Quinquennale che deciderà le linee di sviluppo economico del 2016-2020 e che, mai come questa volta, rappresenta una svolta radicale nell’ambito dell’implementazione delle riforme economiche e sociali, in un periodo così delicato della congiuntura cinese.
Tra gli argomenti “terreni” sul tavolo, aldilà della “cyber sicurezza “ tra cybercrime e cyberspazio, non ci sono semplicemente le relazioni bilaterali ma si discute di geopolitica per due aree di comune interesse, l’Asia del SudPacifico e l’Asia Centrale, sia dal punto di vista commerciale che militare, alla luce dei fatti degli ultimi sei mesi che hanno reso i rapporti tra le due superpotenze estremamente tesi.
Il “beau geste” della Yellen che ha cercato di spostare l’attenzione degli analisti tutta sui mercati emergenti ha fatto guadagnare tempo al Governo cinese in “astinenza” di dati che comprovino gli sforzi di politica monetaria messi in atto sin dal Maggio scorso. Ora serve un accordo sulla riduzione delle emissioni tossiche, in vista del summit di Dicembre a Parigi (COP21), e sulla questione iraniana sulla quale è innegabile che i cinesi hanno aiutato Obama. Su quest’ultimo punto ci potrebbe essere uno scambio opportunistico e Xi potrebbe chiedere agli Usa di cambiare atteggiamento sulla questione coreana.
Il discorso all’Assemblea Generale dell’ONU del Presidente cinese dovrebbe comunque essere accomodante e rassicurante dal punto di vista delle relazioni economiche e commerciali ma è troppo presto per parlare di una distensione nelle relazioni diplomatiche e di una fattiva cooperazione. La vecchia strategia di giocarsi la rivalità tra Russia e Cina non funziona più, ora che gli americani si sono definitivamente alienati le relazioni con la Russia, e in piena campagna elettorale Obama dovrà accontentarsi di risultati contenuti dall’incontro. Soprattutto tenendo conto dell’entità di Treasuries ancora in mano ai cinesi, aumentati del 40% negli ultimi 5 anni, e pari al 50% di quelli detenuti attualmente dalla Federal Reserve. E magari Obama potrebbe ricordarsi che l’unico Paese che non ha firmato l’accordo ONU sulla legge del mare per la definizione dei confini marittimi nell’Artico son proprio gli Usa.