Già dalla data scelta si poteva capire che la campagna referendaria è stata impostata su basi di scontro inusitate. Infatti il 23 giugno gli studenti, maggiormente a favore dell’Ue, saranno impegnati negli esami e dalla parte del “Leave” è stata trasmessa la sensazione ai tanti ex immigrati integrati e con diritto di voto, perlopiù pachistani e indiani, che stando in Europa vi fosse il rischio che l’”invasione “ di nuovi immigrati avrebbe scardinato la qualità dei diritti e “i servizi” a loro riservati.
Con questi presupposti i richiami della Confindustria britannica, della City, del Governatore della Banca Centrale, del Fondo Monetario Internazionale, dei Top Manager delle prime 100 corporates inglesi e delle miriadi di altre personalità, anglosassoni e non, sono abbastanza per parlare alla ”pancia “ del Paese.
E i tragici fatti di questi giorni dimostrano come fermarsi a riflettere seriamente resti l’unica cosa saggia anche di fronte ad un silenzio assordante di quelle case di rating che in occasioni simili abbiamo visto molto attive, dalle elezioni italiane a quelle nei Paesi emergenti.
Gli scenari disegnati dall’Fmi sono chiari per l’Inghilterra e parlano di recessione, di un’esplosione di deficit e debito pubblico che solo i parte sarebbero mitigati da una pesante svalutazione della sterlina inglese. Anche perché se è vero che fuori dall’UE, sempre e comunque con una scadenza di due anni, prima che arrivino i risparmi dal congelamento dei contributi europei certamente il drastico calo della produzione dovuto ad un ridimensionamento dell’accesso al mercato integrato europeo si abbatterebbe sugli investimenti dall’estero nonché’ localmente su redditi e consumi.
Nel frattempo però al di qua della Manica (inevitabilmente diremo dato il panico diffuso) molti investitori europei hanno comprato Treasuries americani per difendersi dall’euro debole e se rapportiamo i deflussi dai bond europei in Aprile, causati dalle peggiori prospettive per molti paesi europei minori che commerciano molto con la Gran Bretagna come quelli del Benelux ed anche Cipro e Malta, ad un dato annualizzato c’è da spaventarsi. Infatti son usciti 40 miliardi di euro dal settore obbligazionario europeo, come non si vedeva dalla crisi sulla Grexit dello scorso anno. Per non parlare dei flussi azionari, dove le posizioni short specialmente sui mercati più vulnerabili come quello italiano erano ingenti con qualche piccolo aggiustamento in vista della scadenza del 17 Giugno “delle “4 streghe” e quindi del rollover di futures e opzioni.
Ora che con molta probabilità la Brexit non ci sarà, i mercati riprendono dal Via e dai ribassi da panico con la consapevolezza che l’attendismo delle Banche Centrali, giustificato anche dagli eventi soprattutto per ciò che riguarda la Fed, continuerà comunque ad influenzare il sistema bancario internazionale, e che finché non si tornerà a rialzare i tassi la marginalità delle banche resterà schiacciata, per non parlare dell’esigenza di uscire indenni dalla fase di concentrazione in corso nella maggior parte dei paesi.