Occorre inoltre ricordare che il Regno Unito è la patria del Trading su Swap e opzioni in euro , un’attività destinata alla mitigazione dei rischi su esposizioni finanziarie verso commodities , valute e tassi di interesse . Il 90% dei volumi di questo comparto è trattato in euro e regolato dalle banche posizionate a Londra per oltre 400 miliardi di euro.
Ovviamente con la Brexit il regolamento in euro non sarà più possibile da Londra, o meglio gli accordi su nuovi termini “contrattuali e di regolamento ” tra la piazza europea e quella britannica richiederanno degli anni .Quindi lo spostamento dell’Eba diventa oltremodo urgente, essendo l’Autorità uno dei pilastri dell’Unione Bancaria Europea ed avendo tra le sue funzioni quella di garantire il funzionamento ordinato del settore bancario.
Molte business City si sono fatte avanti per ospitare le banche che dovranno spostarsi da Londra offrendo anche agevolazioni commerciali e fiscali in una vera e propria competizione che parte dai siti immobiliari di maggiore interesse e che in parte si stanno edificando a nuovo per la circostanza.
Francoforte, Dublino, Parigi , Amsterdam, Madrid e Milano tra le città che potrebbero ospitare gli istituti bancari transfughi della City . Perchè l’Eba a Milano? Non c’è dubbio che con la Bce a Francoforte , l’Esma , una sorta di Consob europea che vigila su strumenti finanziari e mercati, a Parigi e la polemica innescata dall’affaire Apple in Irlanda, Milano e Madrid sono tra le favorite. Attualmente, però, la Spagna ospita già tre agenzie europee mentre l’Italia solo due.
Molti detrattori dell’opzione Italia sostengono che con una concentrazione del 30 % dei debiti inesigibili (NPL) europei nei conti delle banche italiane spostare l’Eba a Milano sembrerebbe un paradosso. Ma alla luce di ciò che stiamo vivendo sui mercati e con l’incertezza sui destini dell’esposizione in derivati di Deutsche Bank e Commerzbank bisogna sottolineare che gli Npl sono perfettamente quantificabili mentre un’ipotesi di chiusura o risoluzione di contratti in derivati con controparti in grave difficoltà in termini di merito creditizio ci rimanda subito al caso Lehman con il pensiero.
E anche se l’accordo con le autorità americane permetterà di limitare la supermulta di Deutsche Bank, ciò non basterà a trovare una soluzione per banche sistemiche che vedono alle stelle le quotazioni dei loro Cds (che misurano il rischio di default). Ricordiamo poi che l’esposizione sui derivati delle banche europee è doppia rispetto a quella delle banche Usa e rappresenta la vera emergenza da disinnescare e mettere in sicurezza.
La tradizione italiana di una Banca Centrale solida e operativamente ben organizzata ha permesso negli anni di gestire momenti di crisi complessi con soluzioni a volte pionieristiche e comunque nel pieno rispetto delle direttive comunitarie.
L’Italia, non dimentichiamolo, è uno dei sei Paesi fondatori sin dagli albori dell’attuale Ue. Intanto però, necessitando una modifica legislativa ratificata da Parlamento europeo e Consiglio europeo, i tempi di una decisione si allungano. E magari offriranno uno spunto di riflessione più accorto al nostro Governo su un’ opportunità da cogliere, che guarda al di là delle questioni domestiche e abbraccia un’interconnessione europea che senz’altro sarebbe d’aiuto agli sforzi sulla via delle riforme e dei piani di supporto a politiche per una ripresa più tangibile e coerente con le potenzialità del nostro tessuto economico imprenditoriale.
L’Ema (l’Agenzia Europea per i medicinali) e l’EBA rappresentano due realtà peculiari per il nostro Paese e solo un fattivo impegno a estendere l’esperienza delle zone economiche speciali, che in Paesi come la Polonia per non parlare della Cina hanno fatto la differenza in termini di crescita economica, ed un utilizzo efficace ed intelligente dei fondi Ue esalterebbero un terreno già fertile come quello di una città uscita vincente da una sfida come l’Expo nei tempi attuali. Una città dove imprese, Università e istituzioni finanziarie cooperano efficientemente.