Come nelle Satire di Giovenale la ricerca di un colpevole al femminile nel panorama politico inglese post elezioni porta dritto al nome di Theresa May, che ha fallito il tentativo di ottenere un mandato ampio e definitivo dagli inglesi. La May con la sua campagna elettorale sbagliata ha visto evaporare un vantaggio notevole e si avvia a formare un governo a tempo perché Corbyn , leader dei Laburisti, è deciso a dare battaglia in nome di un successo inaspettato e netto.
La May come il predecessore Cameron diventa la paladina di scelte politiche avventate a priori ed errate nei fatti. Sulla spesa pubblica la May è scivolata su una buccia di banana paventando un possibile carico dei costi sociali parametrati alle proprietà immobiliare e quindi volando un argomento tabù per le famiglie. E, tra le sviste sull’assistenza sociale e l’attentato di Manchester, la premier non è riuscita ad evitare la perdita di quella maggioranza assoluta cruciale per un negoziato che potesse mantenere la linea dura e intransigente da lei promessa.
E’ chiaro inoltre che l’alleanza con gli Unionisti Nordirlandesi metterà in naftalina l’hard Brexit , l’irrigidimento delle misure sull’immigrazione , nel mero tentativo di mantenere l’unione doganale e avviare un ribaltone per una versione di “Brexit open” che è solo un’illusione di fronte ai duri dell’UE, che si chiamano Barnier e Verhoftsadt, rispettivamente Responsabile dei Negoziati per la Commissione Europea sulla Brexit e il “Falco” del Parlamento europeo che guida l’Alleanza dei Liberali e Democratici.
Il governo dei Conservatori ora così ridimensionati e furenti con il loro Primo Ministro temono un ribaltone con l’uscita della May e un nuovo referendum che riporti la Brexit al punto di partenza, come in un Monopoli impazzito. Soprattutto dopo le dichiarazioni affrettate del Ministro delle Finanze tedesco Schauble che ha aperto le porte ad un possibile ripensamento nel caso di un nuovo referendum, anche rispetto alla lettera del 29 marzo che ha sancito l’avvio della pratica “divorzile”.
Subito è arrivato l’eco dell’ex Premier Cameron che ha vivamente consigliato alla May di passare rapidamente ad una soft Brexit!
Ora potete immaginarvi il caos su tutte le strategie di portafoglio posizionate sulla Brexit, nonché tutti i piani di sviluppo infrastrutturale nelle principali capitali europee che si basavano sull’assunto della migrazione delle grandi banche e istituti finanziari a causa della Brexit.
Basti pensare che nel 2016 i cittadini britannici che hanno ottenuto la cittadinanza tedesca sono stati 2865 rispetto ai 622 del 2015, e il numero di baby sitter europee registrate nell’ultimo anno nel Regno Unito è sceso del 96%.
E’ presto per valutare se ci sarà o meno una deriva inglese ma che la scena politica sia confusa è oltremodo reso chiaro dal posticipo del discorso della Regina, rimandato forse al 19 giugno.
Il tempo stringe e già martedì prossimo 20 giugno in Commissione Europea si discuterà della possibilità di avviare un nuovo sistema di regolamento per le operazioni in euro di “derivati e non” da parte di stanze di compensazione europee, ponendo quindi un veto al “passporting” sin qui garantito alle entità extra europee in Gran Bretagna.
E’ troppo presto per valutare una cancellazione della Brexit perché l’Art.50 è stato invocato ufficialmente e le corporates stanno agendo di conseguenza ad una Brexit ufficialmente in via di trattativa. La Banca Centrale Inglese ha le mani legate in un momento di grande importanza per le decisioni della Fed e della BCE e di un calo del tasso di risparmio corrispondente anche ad un atteggiamento prudente e inflessibile del sistema bancario sugli impieghi. Tempi duri per la sterlina inglese e per i Gilt, e non resta che allacciare le cinture per le trattative si tavoli europei che incominceranno la prossima settimana e che potrebbero necessitare di un atterraggio di emergenza data l’estrema indeterminatezza del piano di volo………………..