Non c’e’ pace per il Messico e per il peso messicano che dopo le tensioni del 2016, durante la campagna elettorale relative al completamento del muro di confine con gli Usa in funzione anti clandestini e narcotrafficanti, ecco che torna a subire picchi di volatilità dovuti alle infuocate riunioni sul Trattato Nafta, che unisce Messico, Canada e Stati Uniti d’America in vigore dal 1994.
Nonostante negli ultimi giorni la divisa sia rimbalzata dai minimi degli ultimi 5 anni , è innegabile che gli hedge funds abbiano preso profitto e ridotto le esposizioni verso il Paese latinoamericano, e che gli animi restino tesi in vista del prossimo meeting fissato per il 17 Novembre. Ma se è già certo che le negoziazioni si estenderanno a tutto il primo trimestre 2018 con una prospettiva di accordo finale conciliante , in questo modo gli incontri andranno a collidere con le prossime elezioni messicane, la cui campagna elettorale comincia a Febbraio, e quindi aumenterà il rischio percepito sul Paese mettendo pressione al Governo in una fase molto delicata per il Presidente Nieto.
E per quanto il Presidente messicano sia da tempo impegnato ad estendere la rete degli accordi commerciali con più Paesi resta il fatto che oltre due terzi delle esportazioni messicane vanno verso gli Usa , esattamente come nel caso del Canada, e che i negoziatori soprattutto con le elezioni alle porte saranno meno disponibili a compromessi .Si entra infatti una fase molto accesa di questa discussione che secondo l’intento di Trump dovrebbe portare ad una modifica sostanziale dell’accordo, mentre Canada e Messico , ormai entrati nell’ottica di qualche concessione necessaria, cercheranno di limitare i danni che potrebbero generarsi da un prosieguo dell’impasse sul Trattato. Il comunicato ufficiale seguito al quarto round di incontri lo scorso 17 Ottobre , tenutosi tra le delegazioni subito dopo gli Annual Meetings dell’FMI, rendono evidente un netto rifiuto alla proposta americana .Tra le misure osteggiate : la revisione obbligatoria quinquennale dell’accordo (la cosiddetta: “sunset clause”); la possibilità univoca di sollevare barriere protezionistiche su certe produzioni e la quota di maggioranza sul mercato automotive riservata agli USA .
Il Rappresentante americano Lighthizer non ha nascosto un intento preciso che lega queste misure, insito nell’esigenza di portare a casa una drastica riduzione del deficit commerciale verso gli altri Paesi che si aggira oggi rispettivamente a 64 mld di $ verso il Messico e per 11 mld di dollari usa verso il Canada. Anche la curva canadese dei rendimenti che sino ad ora aveva ben assorbito la fase negoziale , vede nuove tensioni all’orizzonte anche in prospettiva a decisioni di politica monetaria che potrebbero influire sul posizionamento dei fondi di investimento dopo il rialzo a sorpresa dei tassi a settembre.
Così anche ai lavori dell’FMI a Washington la questione del Nafta ha dominato gli incontri dedicati ai Paesi emergenti a tutto favore di Brasile ed Argentina e con i messicani rassegnati all’esigenza di uscire da questi negoziati limitando i danni, verso gli Usa che da sempre considerano il Messico come il “cortile di casa”. I toni demagogici delle discussioni non tengono conto di una realtà che resta tutta a favore degli Usa, soprattutto grazie alla delocalizzazione della componentistica legata al settore automobilistico in Messico, e quindi di una continuazione della fase di irrobustimento della crescita economica . Se il Messico e’ il Paese che si e’ maggiormente avvantaggiato vedendo triplicato il proprio interscambio commerciale e riducendo la propria dipendenza dal petrolio , resta il Paese che ha maggiormente da perdere da una chiusura definitiva del Nafta. La verità e’ che l’innovazione tecnologica e il boom del commercio digitale impongono agli USA di difendersi da un arrembaggio cinese che forte delle sue multinazionali e di colossi come Alibaba sta estendendo il suo dominio commerciale utilizzando la Banca Multilaterale AIIB e il Progetto “One Belt One Road” lungo la via della Seta e non solo. Quindi la lotta al predominio nel commercio mondiale vede nella saga del Nafta solo un tassello di una disputa di più ampio respiro che mette in serio affanno Trump.