Con i mercati emergenti strettamente correlati all’andamento del dollaro Usa, i recenti eventi che vedono le tensioni commerciali e le questioni geopolitiche legarsi inevitabilmente, stiamo assistendo a un paradosso per due Paesi apparentemente sotto pressione ma vincenti per le case internazionali che continuano a mantenerli in “overweight”, con giudizio moderatamente positivo.
Russia e Turchia, la prima per la divisa e la seconda per l’attrazione degli alti rendimenti dei titoli governativi (ad esempio, il decennale turco è previsto al 12% entro fine giugno con un rally di 60 punti base), si mostrano resistenti nonostante l’avversa spirale geopolitica.
Se la corsa al nucleare probabilmente subirà una battuta d’arresto in Nord Corea, sicuramente quello che si può osservare dal vertice trilaterale odierno ad Ankara (dove Iran, Turchia e Russia si confronteranno sulla spartizione della Siria), è che per questi tre Paesi essere potenze nucleari rappresenta una comune esigenza.
Intanto si rileva il silenzio “assordante” di una politica estera europea inesistente. Infatti, i veri giochi della geopolitica mediorientale passano da un tavolo dove siedono due sostenitori del governo siriano di Assad e un “battitore libero” che dal confine turco si è spinto all’interno del territorio siriano per combattere il suo nemico di sempre, senza che vi fosse nessuna interpellanza internazionale.
Le questioni religiose qui c’entrano poco, perché sono in campo questioni territoriali ben più importanti, dato il posizionamento strategico della Siria e il peso che avrà in una ipotesi di spartizione eventuale per gli equilibri mediorientali mai così precari.
Un Medio Oriente che vede le case regnanti sunnite a fianco dell’Arabia Saudita impegnata a sua volta da tre anni in un conflitto con lo Yemen da un lato e con un consolidamento del potere del principe regnante Mohammed Bin Salman, che ha fatto del mega progetto economico produttivo Vision 2030 la sua bandiera verso la modernizzazione, dall’altro.
In questo progetto la quotazione di Saudi Aramco il gigante petrolifero è stata rimandata al 2019, non solo per trovare la migliore collocazione per una quotazione sulle migliori Borse mondiali, ma anche per uno scenario quanto mai complicato da questa fase di assestamento politico dell’area.
Anche sauditi ed Emirati Arabi Uniti sono interessati alla corsa al nucleare e dallo scorso giugno hanno rotto i colloqui con il Qatar che immediatamente ha aperto contatti con Cina e Russia per armamenti e scambi commerciali sul settore energetico e non solo.
Quindi i venti di guerre commerciali in fondo non sono altro che il paravento di una guerra fredda tra USA da un lato e Cina e Russia dall’altro, che passa sopra le teste di un’Unione Europea “allineata “alla Nato, più per necessità che per convinzione, e che ha come piano del Risiko in corso la spartizione delle aree di influenza e i mercati dal Medio Oriente all’Africa.
In pratica una partita già vinta per la Cina ed in corso di espansione per la Russia, con Erdogan al traino. Mentre i Presidente Rohuani torna vittorioso dal suo viaggio in Azerbaijan e Turkmenistan dove nonostante la spinosa questione del Mar Caspio, gli incontri lo hanno visto fronteggiare questioni cruciali sugli approvvigionamenti di gas ed il “ gioco delle pipelines” .
La Russia infatti sta lasciando l’Iran allargarsi nell’Asia Centrale per tenerlo lontano dal mercato europeo per il quale mantiene in pratica il monopolio.
Una Pasqua molto travagliata e senza tregua per una popolazione siriana decimata e gli attori principali di questa guerra che differentemente da qualsiasi valutazione economica e reale ,che ne penalizzerebbe il merito creditizio , raccolgono consensi degli investitori esteri e giudizi delle case di Rating positivi per la Russia ed il rublo , con l’ upgrading in Febbraio di S&P, e più critici ,ma senza eccessivi , allarmi per la Turchia e l’Iran.