Con Macron la Francia ha fatto passi avanti molto rilevanti nella lotta per la parità di genere chiarendo molto bene che cosa si intenda per identità di genere e dando nuovi poteri alla ministra Moreno per l’uguaglianza tra donne e uomini, per la Diversità e le Pari opportunità
Dalla parità di genere alla lotta alle disuguaglianze l’impegno e l’urgenza sono la chiave di volta per far avanzare il nostro Paese, che sembra però opporre qualche resistenza culturale e politica nella piena attuazione di una piattaforma di azioni concrete, che trovano sempre scuse plausibili, spostando l’attenzione sulla transizione digitale e “green”, altrettanto importanti ma che chiaramente formano un tutt’uno di un pacchetto salvifico verso una piena realizzazione dell’Agenda 2030. Insomma la differenza tra stare nel G20 o uscirne!
Se quando era Ministro il femminismo del Presidente francese Emmanuel Macron non si era concretizzato in misure effettive, aldilà dell’appoggio a iniziative come la riforma del codice penale nel novembre 2016, che nella novellazione dell’art 225-1 supera di gran lunga l’attuale dibattito italiano sul DDL Zan, la sua Presidenza lo ha visto invece impegnato su più fronti. Dal completamento della stessa riforma del codice penale sulla parità di genere con l’art 132-76-77 sino alla circolare ministeriale che “sulla scorta della giurisprudenza costituzionale, chiarisce che con la nozione di identità di genere, il legislatore si riferisce al genere col quale si identifica una persona, che può corrispondere o meno al sesso indicato nei registri dello stato civile oppure a diverse espressioni dell’appartenenza al sesso maschile o femminile, per includere la transfobia, travestismo compreso” come ha spiegato il giurista Emanuele Calò. E con la stessa destrezza ha rafforzato il congedo di paternità, che in Francia c’è da 20 anni, che è stato raddoppiato da 14 a 28 giorni l’anno scorso.
Diventa importante l’immagine di chiusura del Generation Equality Forum con il Presidente Macron al centro con la Ministra Moreno, il cui incarico recita così: Ministra per l’uguaglianza tra donne e uomini, per la Diversità e le Pari opportunità. Un ministero con portafoglio che poco più di un mese fa ha portato una legge in Senato per migliorare la legge sulla violenza domestica inserendo finalmente importanti cambiamenti inerenti la violenza economica. Ed è in questo contesto del Forum che è stata tracciata una nuova Agenda che parte da un tesoretto di 40 miliardi di dollari di investimenti da parte delle oltre 500 organizzazioni della società civile, 94 organizzazioni giovanili e 1000 committenti della filantropia e dell’imprenditoria internazionale. Piani concreti sotto l’egida delle Nazioni Unite, che con questa iniziativa un po’ si riscatta da altri fallimenti passati, e che si fa garante per donne e ragazze e non solo di una ricostruzione che le vuole al centro e non emarginate, isolate e tagliate fuori solo perché discriminate in troppi Paesi che ne calpestano sistematicamente i diritti, che son diritti universali e non di genere!
E’ sotto gli occhi di tutti che su questi temi c’è un cambiamento storico in atto e che si siano creati i presupposti per un nuovo ecosistema che riparte non da promesse o sussidi ma da investimenti sull’uguaglianza di genere che porteranno a progressi più rapidi dell’atteso o di quanto raffigurato impietosamente dalle statistiche del Global Gender Gap Report secondo cui ci vorranno in media 135,6 anni per raggiungere la parità su una serie di indicatori in tutto il mondo, invece dei 99,5 anni delineati nel rapporto del 2020. L’attenta supervisione degli impegni presi sia finanziari che politici, dal privato al pubblico, darà un impulso laddove i progressi son stati troppo lenti perché i dettami della Conferenza di pechino del 1995 non restino lettera morta.
Possiamo nasconderci dietro il fatto che la Francia è una repubblica presidenziale, quindi più snella nell’attuazione delle normative, e che si riconosce pienamente, con pregi e difetti, come un Paese multiculturale oppure farci carico di tutta la forza che ha dimostrato il nostro Paese nelle avversità come sui campi di calcio e trasformare quell’energia nel riconoscimento di un Paese dove la voce delle donne e delle ragazze e dei figli dei migranti di seconda generazione si unisce mandando un messaggio generazionale forte, si cambia insieme con senso civico dei diritti costituzionali e di una vera uguaglianza di genere perché non c’è altra strada che riconoscere la forza di un mondo migliore e più forte anche per combattere le sfide pandemiche con una vera coesione sociale.