Claudia Segre, presidente e fondatrice di Global Thinking Foundation, ha spiegato a La Svolta che spesso le donne «si trovano isolate economicamente per mancanza di competenze e così delegano ad altri la gestione» del denaro. Ma con l’educazione si possono cambiare le cose.
La Svolta – Alessandra Quaranta
Fin dal primo giorno, La Svolta si è occupata di raccontare i grandi cambiamenti in corso nel mondo, prestando particolare attenzione all’ambiente, ai diritti, all’innovazione sociale, culturale e tecnologica, dando voce soprattutto ai giovani e alle donne, nelle cui mani è riposto il futuro, a partire dalla transizione ecologica.
Per fare questo, vuole dare spazio e parola a professionisti e professioniste impegnate nel sociale, fonti di ispirazione, che con la loro visione e intraprendenza ogni giorno si impegnano a far rete e a creare progetti di crescita, per migliorare il benessere della comunità.
Ha quindi intervistato Claudia Segre, presidente e fondatrice della Global Thinking Foundation, membro del Comitato Tecnico Scientifico di Terre des Hommes Italia e del portale contro le disuguaglianze LUCE!, nonché membro esterno della Commissione Pari Opportunità dell’Accademia dei Lincei. Inoltre, Segre fa parte dell’Organismo Consultivo del Garante per la Tutela delle Vittime di Reato della Regione Lombardia e del Comitato Tecnico Scientifico dell’Osservatorio sul Fenomeno della Violenza nei confronti delle Donne e sulla Violenza Domestica presso il Dipartimento delle Pari Opportunità; infine, è co-chair del Women7 Italia 2024, il gruppo di impegno civile ufficiale del vertice G7.
Chi è Claudia Segre?
Claudia è una sognatrice con i piedi per terra, un’attivista che si batte per la libertà finanziaria delle persone, cercando soluzioni lungimiranti di sviluppo economico sostenibile e una pioniera sui modelli di prevenzione della violenza economica e di empowerment basati su competenze digitali e di educazione finanziaria. Questi elementi erano noti solo singolarmente ma non vi erano modalità innovative di impatto sociale e progetti sui quali costruire piattaforme formative e informative sull’inclusione finanziaria a disposizione di tutti.
Si ricorda quando e per quale “battaglia” ha iniziato a essere un’attivista per la sostenibilità sociale?
Lavoravo in finanza da 11 anni e mi era stata data la possibilità di avviare il primo desk di trading sui Paesi emergenti in Italia su una mia proposta, nata dalla passione per lo studio della geopolitica e alla teoria giapponese della Womenomics e volevo imporre una rappresentanza eguale di genere dei componenti del team. Un giorno mi colpì una ragazza solare molto spigliata che parlava perfettamente le lingue e con un curriculum impressionante, completo di Master. Le chiesi perché si accontentasse di lavorare presso l’ufficio regolamenti, il back office, e se non le sarebbe piaciuto venire in sala operativa dove come donne eravamo l’8%. Dovetti combattere con i miei superiori, i quali sostenevano che al di là del merito innegabile, un’altra donna sarebbe stata “troppo” e di conseguenza tutti avrebbero potuto prendere spunto per avanzare richieste per il “salto” di qualità, dove gli stipendi erano più alti! Insomma, la tipica sindrome della “difesa del fortino”. Così son partita dalle rivendicazioni salariali e di opportunità di carriera per le mie colleghe per poi addentrarmi nell’ambito degli individui e delle imprese con l’esperienza di private banking e di una visione della sostenibilità a tutto tondo: ambientale, economica e sociale.
Lei è una figura di spicco nazionale e internazionale nell’ambito dell’educazione finanziaria e in particolare della finanza sostenibile. Può spiegarci in breve in cosa consiste questo ruolo e quanta importanza ricopre la finanza sostenibile nelle dinamiche geopolitiche globali?
Aver portato un modello vincente di educazione finanziaria mirata a combattere la violenza di genere con programmi dalle elementari alle aule universitarie non poteva accadere senza un’esperienza più che trentennale in finanza internazionale e anche come Presidente del Comitato di Educazione dell’Associazione dei Cambisti Internazionali. Occupandomi anche di mercati emergenti e nelle relazioni con le banche multilaterali, come il Fondo monetario internazionale, ho potuto acquisire competenze specialistiche che mi han permesso di costruire un’organizzazione nella quale mettere a frutto tutte queste esperienze e ora anche nei Board di Assiom Forex e AssoFintech continuo a portare avanti spazi di crescita della presenza femminile per un settore ancora così chiuso come quello della finanza operativa.
Nel 2016 fonda Global Thinking Foundation in Italia e Francia, per sostenere, patrocinare e organizzare iniziative e progetti che abbiano come obiettivo l’alfabetizzazione finanziaria rivolta a donne, famiglie, soggetti indigenti e le fasce più deboli della società. Vuole raccontarci meglio come lavora la sua fondazione?
Ciò che caratterizza la Fondazione è una forte vocazione alla progettualità di impatto diffusa sul territorio, oltre che in Francia, e anche il personale dislocato nel Paese, su 5 sedi e 106 volontari e volontarie che coprono le attività formative di educazione finanziaria, di sportello e di mentorship professionale, completando così uno schema organizzativo che, come ente del Terzo Settore, ci ha permesso di ampliare notevolmente la rete degli stakeholder, tanto da raccogliergli in una vera e propria piattaforma di rete: We4Women. Questa piattaforma racchiude i 4 ambiti dove interveniamo, sempre gratuitamente, nel percorso di benessere delle persone che hanno subito o sono esposte alla violenza economica. Come si vede nel sito, i progetti legati agli Obiettivi dell’Agenda 2030 coprono le scuole, le donne e le famiglie , la cittadinanza e le imprese.
Che correlazione esiste tra l’alfabetizzazione finanziaria e la violenza economica?
L’alfabetizzazione finanziaria è un fattore abilitante per la tutela e la prevenzione verso le differenti forme che assume una violenza economica, che è così subdola e “protetta” da una diffusa accettazione culturale di certi comportamenti che quando vanno a toccare il denaro possono creare dissapori e situazioni disfunzionali nelle famiglie, così come sul posto di lavoro. Le vittime spesso sono inconsapevoli delle catene e della gabbia che si stanno chiudendo intorno alla loro libertà di scelta, e si trovano isolate economicamente spesso per scarsità di competenze e delegano così ad altri la propria gestione finanziaria.
Per questo, abbiamo distribuito un manuale di prevenzione che spiega nel dettaglio le quattro fasi e i comportamenti legati a questa escalation violenta ma anche buone pratiche per raccogliere dati, chiedere informazioni e quindi tutelarsi prima di firmare documenti, pretendo una maggiore trasparenza patrimoniale e condivisione delle scelte famigliari .
Lei è co-chair del Women7 Italia 2024, il gruppo di impegno civile ufficiale del vertice G7. L’Italia a che punto è nella consapevolezza sul tema sia della sostenibilità che della parità di genere?A quali Paesi esteri dovremmo ispirarci?
Sicuramente la certificazione UNI PDR 125 sulla parità di genere è un unicum per l’Italia a livello europeo e un’opportunità per le imprese di rafforzare il loro impegno verso la “S” della sostenibilità, che sin a oggi presentava qualche difficoltà nella misurazione. Ma tra l’attivismo spagnolo sui congedi genitoriali paritetici e la legge belga sul femminicidio, emerge come una luce vivida la legge francese n. 1774/2022 detta Legge Rixain sull’uguaglianza economica, un esempio che si dovrebbe seguire in tutta l’Ue per il suo portato fondamentale che cambia il rapporto tra imprese e lavoratrici e nel mondo professionale incrementando tutela e riconoscimento di diritti.
Quali suggerimenti darebbe ai professionisti o alle giovani professioniste che vogliono percorrere le sue orme?
Saper fare bene il proprio lavoro e quello delle persone che collaborano con noi è fondamentale per supportare e costruire un percorso di crescita col tuo Team. Tutto questo passa dall’ascolto e dallo studio, “matto e disperato”, con la consapevolezza che non si può essere tuttologi ma onesti interpreti del settore professionale ove siamo in grado di dare il massimo, e fare la differenza. Non nascondo di aver fatto molti sacrifici per studiare e lavorare al contempo da giovane e per progredire superando i limiti di un ambiente finanziario dove stereotipi e bias abbondano, ma sempre guardando avanti a me con fiducia nella forza delle competenze acquisite e anche della aumentata capacità di affrontare le difficoltà facendo scelte ragionate e lungimiranti.
Ci può indicare tre profili di professionisti/e attivisti/e che sono una fonte di ispirazione e/o un punto di riferimento valoriale e culturale per lei?
Vanessa Wakate, attivista ugandese; la prima volta che la incontrai e la sentii parlare al Fondo Monetario Internazionale rimasi colpita dalla sua forza e determinazione nel difendere i principi di una giustizia climatica per le troppe donne e ragazze che ne pagano il prezzo. Nadia Murad, attivista per i diritti umani irachena yazida e ambasciatrice Onu, che da anni si batte per i diritti umani contro la tratta e lo stupro come arma di guerra. Ginni Rometty, la prima donna a Ceo di Ibm: una carriera esemplare e un esempio per tutte noi in un mix di competenze e resilienza che ha portato a scelte vincenti e alla capacità di interpretare la rivoluzione digitale con saggezza lungimirante.
Nei prossimi 5/10 anni, quali traguardi si spera vengano raggiunti nell’ambito dell’alfabetizzazione finanziaria?
Dobbiamo impegnarci tutti perché entro il 2030 si annulli il gap di genere che caratterizza l’alfabetizzazione finanziaria in Italia per agganciarci alla media europea negli adulti e nei ragazzi: ciò vorrebbe dire aver ottenuto un impatto sociale significativo in termini di consapevolezza e tutela diffusa della parte più fragile ed esposta della popolazione dagli anziani alle persone ancora escluse finanziariamente.