“I’ve sold all my equities. There are some very scary scenarios for investors ahead”. Così parlò Donal Trump alla CNN. Intanto, dopo aver recuperato 14 punti su Hillary Clinton durante la Convention del Partito Repubblicano ed essere balzato in testa, Donald Trump è tornato al secondo posto (con lo stesso distacco) dopo essere caduto nel “trappolone” dell’attacco alla famiglia di un soldato deceduto, di religione islamica, e aver scatenato una bagarre all’interno del suo partito senza precedenti.
La Clinton era uscita dalla Convention Democratica con l’incognita del supporto da parte dei seguaci di Sanders, che non avevano gradito le rivelazioni di Wikileaks sul boicottaggio delle primarie, e per stare a galla aveva dovuto aggrapparsi a una presunta connection russa, coinvolta in un dubbioso caso di spionaggio a spese della stessa Convention.
Il mese di luglio si è chiuso comunque con un bilancio di raccolta positivo per Trump ma solo il 63% di consensi del suo partito. Del resto, la campagna stampa ferocemente contraria a Trump è ripartita con un gioco al massacro facilitato dalle sue continue “gaffes”, come quella sull’Iran.
A sua volta, il candidato “scomodo” è partito lancia in resta con una campagna anti Fed basata sulla critica al livello dei tassi tenuto, a suo avviso, artificialmente troppo basso: un livello che avrebbe “drogato” i mercati azionari.
I mercati azionari Usa in effetti sono triplicati dai minimi segnati durante la crisi subprime e questo lunga stagione di rialzi segna il secondo periodo più lungo di bull market della storia americana, che ha riportato i livelli di P/E (rapporto prezzo/utili), sotto l’asticella di quota 20 per la prima volta in sette anni.
Trump non ha risparmiato di criticare i dati sulla disoccupazione che, a suo dire, danno un risultato non corretto del 5% che in verità sarebbe più vicino al 20%, tenendo conto di tutti coloro che sono usciti dalle statistiche del Governo sul mondo del lavoro perché hanno smesso di cercarlo o sono “disoccupati cronici”. Infine Trump ha offerto alle aziende USA che hanno ormai accumulato utili per più di 2 trilioni di dollari (parcheggiati al di fuori del Paese, per evadere una tassazione del 35%) di farli rientrare o “emergere” con una tassazione agevolata del 10%.
Per quanto possa battersi e fare proclami sarà difficile per Trump recuperare nuovamente il terreno perduto e intanto la congiuntura americana per tre mesi si sorbirà un prosieguo di campagna elettorale fatta di scandali, colpi bassi e nuovi files da Wikileaks con dati che probabilmente saranno inaspettatamente benevoli e manterranno calda la tensione su un rialzo dei tassi a settembre.
Molti commentatori poi mettono in guardia gli “swing states”, che decideranno effettivamente queste elezioni, sul rischio di mettere in mano a un candidato così inaffidabile oltre 6mila testate nucleari. Ma se pensiamo che la campagna elettorale di Hillary Clinton, sulla quale incombe ancora l’ombra dello scandalo sull’uso della email personale per violazione del segreto di Stato, è stata ampiamente finanziata dai Paesi del Golfo e dall’Arabia Saudita e che altri 4 anni come gli ultimi di Obama gli Stati Uniti di America non se li possono permettere, occorre dire che il testa a testa che a novembre vedrà i due contendenti con un distacco marginale di 4-6 punti diventa comunque un deterrente per nuovi massimi sui mercati azionari Usa. E così lo scontro da Far West continua….