Dalla Germania all’Austria per non dire dei Paesi dell’Est Europa lungo tutto l’asse austroungarico spira un preoccupante vento nazionalista e populista in vista dei tanti test elettorali – Essenziale l’imminente voto a Berlino – Migranti, sicurezza,economia dominano il confronto nel dopo Brexit – E la possibile fusione tra Deutsche Bank e Commerz aumenta il malumore tedesco.
Tra due settimane a Berlino la Grande Coalizione tra centrodestra (Cdu) e centrosinistra (Spd) sarà nuovamente messa a dura prova, visto che il sostegno popolare è sceso a ridosso del 50%, e se Merkel vorrà giocarsi una rielezione dovrà decisamente cambiare qualcosa nella sua strategia politica. Altrimenti sarà difficile fermare l’avanzata di una deriva nazionalista che miete successi diffusi.
La scivolata sull’accordo turco dell’Ue che vede la Germania come convinto sostenitore di un patto con un governo sempre più autoritario e spietato dopo il fallito golpe, unitamente all’assenza di quei vantaggi economici e demografici alla base della politica governativa dell’accoglienza dei rifugiati detta “Welcome Culture” per ora non stanno favorendo la cancelliera.
E se si guarda all’esiguo numero di assunzioni di migranti effettuate da parte delle 30 principali corporates quotate alla Borsa di Francoforte in misura inferiore al centinaio, il risultato appare impietoso. Inoltre gli attentati diffusi su base locale hanno incrementato il senso di insicurezza e scetticismo sui benefici effettivi dell’integrazione. Così la Cdu ha innescato la retromarcia e Merkel ha assicurato che l’emergenza del 2015 non si ripeterà, supportata dal ministro degli Interni De Mazieres, che è arrivato a proporre di rispedire i rifugiati in Grecia. Di fatto da febbraio il Bundestag ha ristretto le condizioni per i richiedenti asilo, sospendendo tra l’altro i ricongiungimenti famigliari, e a luglio ha approvato una legge di drastica riduzione dei benefici per chi si rifiuta di partecipare ai “corsi sull’integrazione”.
I populisti hanno così il vento in poppa verso il prossimo Bundestag, perché le virate del Barcone Merkel diventano decisamente più difficoltose con questi mari agitati. A ciò si aggiungono i dati del terzo trimestre sul settore manifatturiero tedesco che segnalano una frenata dell’industria e diffuse problematiche su banche e corporates che hanno visto anche sospensioni di cedole 2017 su alcuni titoli subordinati legati al calo dei flussi di commercio internazionale. E se il settore auto in prospettiva dovrebbe supportare un recupero anche del manifatturiero nei prossimi mesi, sulle banche le voci di fusione tra Commerzbank e Deutsche Bank hanno creato malumori diffusi. Attualmente entrambe stanno mettendo mano a pesanti riorganizzazioni interne prima di riprendere le fila del discorso e intanto entrambe le azioni perdono oltre il 35% dall’inizio dell’anno.
E lungo l’asse austroungarico, i venti delle destre nazionaliste soffiano incessanti in attesa del risultato delle prossime elezioni in Austria del 2 ottobre, ordinate dalla Corte Costituzionale dopo che il risultato del secondo round elettorale di maggio era stato annullato tra le polemiche. I sondaggi danno per scontata la vittoria del partito di estrema destra Fpo rispetto al candidato indipendente membro del partito di centro sinistra Die Grunen.
Seguiranno entro la fine dell’anno elezioni importanti in Repubblica Ceca, Croazia, Lituania e Romania. Il governo austriaco da sempre ha molto criticato la politica accomodante dei vicini tedeschi sui rifugiati ed anche il rapporto con la Turchia, tanto che a fine agosto il governo turco ha richiamato il suo console in Austria. E tutto ciò nonostante la proposta bizzarra avanzata dal suo ministro dell’Economia e vicepremier di “un’unione di interessi” tra Ue e Turchia, detto “Future Paper”. Una proposta che vede degli accordi fuori Trattato su sicurezza, dazi doganali sino a un Free Trade Agreement di natura commerciale con l’Ue.
Insomma il dibattito post Brexit è già cominciato sulla base di nuove alleanze con un blocco est europeo da un lato, un cuore austro-tedesco dall’altro e in mezzo l’esigenza di congiungere gli sforzi sulla politica fiscale e sulla sicurezza per evitare una deriva economica ben più irreversibile di quella politica in atto.