Un recente report del Fondo Monetario Internazionale, al quale si sono aggiunte le considerazioni della BIS (Banca dei Regolamenti Internazionali), è focalizzato sulla correlazione tra l’economia cinese e quelle del continente asiatico e l’impatto soprattutto sui suoi mercati azionari.
Attualmente la “sfera di influenza” è pari a quella degli USA prima dello scoppiare della crisi globale nel 2007; e così lo yuan che si appresta ad entrare nel paniere delle divise del FMI ha aumentato il suo peso nella regione superando decisamente il dollaro USA negli scambi commerciali.
Appare chiaro che la Cina sarebbe il nuovo Giappone, secondo il FMI, in termini di traino valutario e azionario. E visto che il mercato dei capitali è sempre più globalizzato e correlato ciò ha una diretta influenza sulle strategie di portafoglio e sul comportamento degli investitori esteri verso i mercati emergenti e in particolare sui mercati asiatici.
Innegabile poi il ruolo diplomatico cinese nella questione coreana che sino a poco tempo fa aveva mantenuto toni e azioni entro limiti a accettabili per i sudcoreani.
La recente escalation nei lanci di missili, nel riarmo nucleare e nelle minacce della Nord Corea, per non parlare dei terremoti provocati dai test nel territorio cinese, si incrociano con l’indeterminatezza dell’esito delle elezioni presidenziali Usa e il nervosismo di Seoul.
La Corea del Sud è impegnata in un’importante ristrutturazione del modello corporates e di sostegno alle banche e alle aziende a causa della contrazione dei flussi commerciali internazionali che hanno colpito il settore dello shipping, del trasporto navale, lanciando un fondo dedicato di 10 miliardi di dollari usa.
Il peggioramento del dato sulla disoccupazione dal 3,6 al 3,8% per quanto si mantenga sempre nella fascia a ridosso della piena occupazione sotto il 5%, è dovuta alla pesante opera di assestamento del settore corporates in corso che include anche un piano di eliminazione delle cosiddette aziende zombie colpite dalla crisi dello shipping e dal crollo dei prezzi petroliferi.
In aggiunta la Corea del Sud è ancora molto “succube” del Giappone, quindi gli insuccessi dell’Abenomics si stanno riverberando su un Paese stretto tra una “trasformazione all’occidentale” della gestione delle risorse e del lavoro da parte delle grandi corporates è un crescendo di tensioni geopolitiche.
Ciò ha pesato sui rendimenti dei titoli di Stato e sulla divisa che sino allo scorso anno era tra le più gettonate tra quelle asiatiche. Per la quarta economia dell’area questa seconda fase della globalizzazione potrebbe costare cara: ancora una volta, solo una svolta economica forte in Cina e un intervento risolutivo sulla questione nord-coreana potranno aiutare lo sforzo di uscire da un crisi invisibile ai più, ma molto evidente per i giovani coreani.