Donald Trump irrompe sul G20 come un elefante nel negozio di cristalleria, riuscendo a smorzare i toni del comunicato finale sul tema dei venti di protezionismo, che proprio il neopresidente americano ha contribuito ad alimentare sin dall’inizio della sua campagna elettorale.
Evidentemente l’incontro con il Cancelliere tedesco Angela Merkel ha dato i suoi frutti, ma l’aria di casa sembra sempre più rarefatta con Washington che sta soffrendo il caso “Russiagate”, alimentato ulteriormente dalle testimonianze dei più alti rappresentanti di FBI e NSA, e come un’occasione per i Democratici più unica che rara per rafforzare l’ipotesi di impeachment di Trump.
L’attenzione degli strategist immediatamente si volge dal piano infrastrutturale e fiscale promesso da Trump ad un rafforzamento del rischio politico, impattando i mercati finanziari USA e non solo.
Il “fuggi fuggi” generale ha trascinato anche il dollaro USA, il petrolio e le altre commodities alimentando la caccia per un porto sicuro che considera anche il dollaro canadese tra le valute che potrebbero dare soddisfazioni ma che per ora vede la correlazione con il fratello maggiore, il dollaro Usa, corrispondere appieno.
Del resto, l’andamento positivo dell’economia canadese, con le vendite al dettaglio che rimbalzano in marzo, non basta a mitigare i rischi di una bolla immobiliare molto evidente, non solo nelle grandi città come Toronto.
Fortunatamente i buoni livelli occupazionali, con la disoccupazione al 6,6% al minimo degli ultimi anni, e la solidità del sistema bancario, restano i punti forti di un’economia che ha saputo assorbire meglio dei vicini messicani le minacce di Trump di cancellazione dell’accordo NAFTA.
Dopo la decisione della Fed di rialzare i tassi è parso subito chiara la tendenza sul riposizionamento valutario a favore del dollaro australiano e neozelandese e a sfavore del dollaro canadese. Infatti, nonostante le rassicurazioni del governo canadese il 17 marzo sono state proprio le due primarie banche del Paese ad allarmare gli investitori e a rafforzare le dichiarazioni di insostenibilità della situazione del mercato immobiliare unitamente all’Associazione Canadese per il Real Estate che ha evidenziato un nuovo rialzo dei prezzi del 23% in febbraio rispetto all’anno passato.
Un livello di prezzi allarmante che sta incidendo pesantemente sui redditi delle famiglie per i nuovi acquisti delle giovani coppie nonché sulla percezione di un valore dell’immobile “sulla carta” gonfiato a dismisura.
Un fatto che crea un effetto distorsivo sulla percezione di benessere delle famiglie, portate a spendere maggiormente, con un effetto leva sui prezzi al consumo. Insomma la paura di rivedere una drastica riduzione dei prezzi, come avvenne dopo il picco del 1989, è evidente (un picco dopo il quale ci sono voluti 20 anni per recuperare i danni della crisi immobiliare).
Il Canada da eterno inseguitore dei cugini americani, non vive una situazione di piena occupazione, ma certamente vede una dinamicità guidata dalla componente femminile con assunzioni record per le donne sotto i 30 anni. Inoltre, il governo imitando l’intento di Trump ha annunciato un imponente piano di sostegno alle infrastrutture del paese tramite l’istituzione di un ente bancario dedicato, la Canada Infrastructure Bank, sulla quale il Primo Ministro Trudeau ha concentrato misure importanti legate ad oltre 25 mld di dollari Usa di controvalore in progetti per il 2017, che nel totale portano ad una pianificazione di lungo termine per un totale di spesa per 150 mld di dollari usa in 12 anni. Immediate sono arrivate le accuse delle opposizioni di sinistra che hanno evocato le prerogative di una svendita delle imprese pubbliche e le riserve dei fondi pensione poco propensi a nuovi investimenti tipo “greenfield” e quindi in prima fila nel chiedere un premio al rischio e nel criticare anche le scelte logistiche di posizionamento della Banca.
Trudeau con il suo governo ha supportato un’espansione dei fondi che dovrebbero raddoppiare i propri assets gestiti entro il 2040, un programma certamente legato con lo sviluppo delle nuove infrastrutture e che ora appare una scommessa decisamente più concreta rispetto a quanto Trump abbia saputo fare fino ad adesso. E se il Canada tenta il sorpasso smarcandosi dalla questione NAFTA per adesso gli analisti restano sulla difensiva e la “casina in Canada” per ora resta un sogno accessibile solo ai nuovi cittadini cinesi, che numerosi si trasferiscono in Canada e in quanto a bolle immobiliari ci hanno fatto l’abitudine!