I venti di guerra nordcoreani spingono l’oro a nuovi record (+16% da inizio anno) e l’obiettivo di 1.350 dollari l’oncia si avvicina – La caccia alle monete e ai lingotti ha preso il sopravvento sugli Etf specializzati in oro, che si sono rivelati inefficienti di fronte alle variazioni delle valute.
l rally dell’oro ha ormai toccato un nuovo record rispetto all’ultimo anno, consolidando la spinta derivata dalla correlazione con il dollaro Usa, alla quale si è aggiunto un premio al rischio legato alla minaccia di un inasprimento delle sanzioni alla Cina da parte del Presidente USA Trump dopo l’ennesimo test missilistico nucleare nordcoreano.
Se l’immagine dell’annunciatrice della TV nordcoreana, che con enfasi sottolinea il successo dell’ultimo lancio nonostante la ricaduta sul territorio con effetti sismici evidenti, può far sorridere, ormai è ufficiale che non ci troviamo più in una parodia del film satirico “The Interview” che tre anni fa scatenò l’ira di Kim Jong Hun ed un “cyber attack” contro la Playstation della Sony, rea di aver offeso il regime.
Da allora il rischio di attacchi informatici è diventato argomento di dominio pubblico sino a sfiorare le sale operative, ed è ormai chiaro a tutti che dalla decisione Usa di 10 anni fa di riabilitare la Nord Corea rispetto alla lista dei Paesi accusati di terrorismo sino alla fallimentare “strategia della pazienza” di Obama nulla è stato fatto, tranne una lista interminabile e inutile di sanzioni, per evitare l’attuale stato di emergenza nel Sud Est asiatico.
Con l’oro che mette a segno una performance del 16% dall’inizio dell’anno il prossimo target fissato a 1.350 dollari è più vicino e certamente raggiungibile. Le tensioni crescenti potrebbero spingere Trump verso l’errore di una guerra preventiva e solo un evidente irrigidimento, possibilmente con effetti tangibili, di nuove sanzioni potrebbero arginare la corsa all’oro.
Anche perché questa situazione sta frenando l’impeto della Fed sui tassi ed ha cancellato tutto il bene che è arrivato dall’esito delle elezioni in Europa che avevano spazzato via la minaccia di una deriva isolazionista europea e offerto agli investitori un’opportunità di investimento su mercati più solidi e sicuri, al riparo da tensioni politiche evidenti ad inizio anno.
Ma non bisogna dimenticare l’evoluzione dell’investimento in oro degli ultimi anni legato anche ad un ridimensionamento delle riserve auree che dopo il caso del 2008 erano state incrementate da tutte le banche Centrali per quel principio che fu ammesso dallo stesso Bernanke: “Quando la fiducia arriva a zero, l’oro batte la carta”.
Dal 2013 sull’illusione di una definitiva uscita dalla crisi globale e con gli occhi distratti dalla “guerra delle valute”, è iniziato un processo inverso di riduzione globale delle riserve auree e così i prezzi son tornati a toccare i minimi di allora a fine 2015, poi l’anno scorso la svolta.
È proprio la Cina, che avvicinandosi al tanto agognato traguardo di far entrare lo yuan rembimbi nel novero delle divise ufficiali di diritti speciali di prelievo, ha cominciato insieme alla Russia a riaccumulare oro, vendendo Treasury Usa detenuti in abbondanza.
Ora è arrivato ora il “parco buoi” che, dopo la scottatura dello scivolone dello scorso anno, ha ridimensionato i volumi sugli ETF specializzati in oro. A ben vedere durante questa corsa all’oro degli ultimi mesi gli ETF, spesso inefficienti nella componente valutaria delle performances, sono rimasti indietro, a tutto favore ed in parte compensati di una vera e propria caccia a monete e lingotti, che nell’era delle criptovalute potrebbe far sorridere ma segna un’altra tappa nell’evoluzione del pensiero dell’investitore che cerca beni rifugio in un mondo a tassi zero e che torna a preferire l’oro fisico…. Proprio come i cinesi.
Così se la Cina resta il punto nodale della questione nordcoreana, è chiaro che si sta giocando una partita complessa dove Cina e Russia sin dal 2014 hanno lanciato una attacco alla supremazia del dollaro statunitense, per ripagare gli Usa di anni di umiliazioni nei consessi internazionali e di colpevoli ritardi nell’affrancare i Paesi emergenti in un ruolo geopolitico ormai evidente a tutti.
Anche la Russia aspira al traguardo cinese di entrare nelle riserve internazionali ed anche se ci vorrà tempo l’attuale debolezza dell’Amministrazione Trump ha fornito un pretesto perfetto ai due alleati di sempre per giocarsi i “carrarmatini” nordcoreani in un Risiko mondiale ove l’oro si rafforzerà e le tensioni ci accompagneranno sino al 2018.