Un G20, quello in Argentina, nato sotto la stella delle criptovalute e di un dibattito già avviato dalla Banca dei Regolamenti Internazionali, ma che alla fine ha visto prevalere una posizione verso le monete digitali “addomesticata” per un uso esclusivo quindi delle banche centrali. Una scelta che di fatto non cambia lo status quo ma ha l’ambizione di difendere i mercati da una possibile leva “incontrollata” in caso di crisi, come evidenziato dal Governatore della BUBA, Weidmann.
Come sempre in questi meeting non manca il convitato di pietra, in questo caso lo spettro di una guerra commerciale ad ampia diffusione da parte di un’Amministrazione americana che, attraverso le parole del Segretario al Tesoro Mnuchin, ha ben chiarito l’intenzione di proteggere i propri interessi nazionali senza se e senza ma.
A nulla sono valsi tentativi di mediazione: non hanno scalfito la posizione Usa e paradossalmente hanno visto l’eliminazione nel comunicato finale di un richiamo alla lotta al protezionismo, ben evidente nella bozza dello stesso.
Il dibattito viene rimandato a novembre, sempre in Argentina, all’indomani delle elezioni di medium term. Le decisioni sui dazi verso l’Europa verrà legata alle questioni Nato e soprattutto a una definizione dei rapporti con l’Iran, alla quale sono appesi i negoziati tra USA e UE in maniera sempre più evidente. L’incontro con i sauditi ha confermato che ci si stia avviando ad una rescissione unilaterale dell’accordo sul nucleare iraniano.
Chi sperava che con lo scandalo che ha travolto Facebook negli ultimi due giorni si potesse vedere un Trump meno arrembante, ha dovuto arrendersi a un tema sempre più centrale che vede le guerre commerciali dominare. Intanto, i mercati americani hanno chiuso la seconda giornata della settimana in rialzo, dando un messaggio di grande fermezza anche di fronte alle prossime decisioni della Fed. Decisioni che per ora stanno pesando maggiorente sui Treasuries, chiamati a riportarsi stabilmente sopra il 3%.
I fronti aperti della politica commerciale americana sono molteplici. In particolare Messico e Canada sanno bene che essere stati “graziati” avrà una contropartita sulla rinegoziazione del Nafta alla quale non potranno sottrarsi.
L’azione di Mnuchin che antepone una guerra ai surplus commerciali di Germania e Cina come parola chiave, rispetto al farsi trascinare in una diatriba globale sulle guerre commerciali è chiara. E di fatto potrebbe dimostrarsi vincente se si guarda all’effetto di questo braccio di ferro “sull’investor sentiment” dei tedeschi è rientrato ai livelli del 2016.
Non a caso la Merkel ha inviato il Ministro dell’Economia tedesco a Washington per incontrare Wilbur Ross, il Segretario al Commercio USA.
L’obiettivo finale di Trump per il prossimo novembre è quello di arrivare a guidare un G20 propenso a ridimensionare il surplus cinese più che a condannare le mire Usa. L’asse franco tedesco sta già orientandosi in questo senso e così Mnuchin è tornato a casa trionfante per aver guidato il dibattito sulle criptovalute, vietando agli americani di “trattare” il Petro venezuelano e gli europei a più miti consigli, favorendo un apprezzamento moderato del dollaro Usa.