La seconda metà di Aprile è stata caratterizzata dal rientro dei capitali esteri sulle Borse europee nonostante l’imperversare della tempesta “greca” che ha alimentato picchi di volatilità, peraltro rientrati rapidamente soprattutto sugli spread delle curve dei titoli governativi dei Paesi Periferici. Solo i fondi pensione e assicurativi giapponesi in una settimana hanno investito quasi quattro mld di dollari Usa in titoli esteri dismettendo le posizioni sui governativi giapponesi e realizzando gli utili sulle azioni domestiche.
La volatilità non imperversa solo sul comparto azionario perché’ anche le commodities stanno vivendo un momento di grande difficoltà complice la fine del “SuperCycle” e una nuova sudditanza al traino del petrolio. L’accumulo di acquisti nei contratti sul Brent hanno raggiunto un picco nella settimana del 14 Aprile , ad un nuovo livello record dal Gennaio 2011.E dopo aver toccato un minimo solamente a fine Febbraio .E’ bastato poco più di un mese per vedere raddoppiare il saldo netto delle “long position” nonostante gli annunci da parte dell’Arabia Saudita di aver raggiunto un record di produzione giornaliera che ha superato i 10 ml barili/gg con un aumento di 650mila barili/gg al mese, in controtendenza con l’attesa contrazione nella produzione di shale oil americano e quindi del numero di “trivelle attive” misurato dal Baker Huges Rig Count sceso rapidamente ai livelli del Novembre 2010.
Dal canto suo l’oro ha dato qualche segnale pallido di recupero sulle quotazioni ma solo grazie alla concomitanza con il festival indiano “ Akshaya Tritiya” dove il metallo prezioso e’ l’assoluto protagonista di regali e scambi di doni di rilievo e agli acquisti della Banca Centrale russa che in Marzo ha acquistato oltre 1 milione di once in un unico “ticket” come non si vedeva da piu’ di 6 mesi. Un’operazione questa di mero arbitraggio teso a bilanciare il rapporto delle riserve internazionali in una fase di apprezzamento del rublo, e sostanziale stabilità a bassi prezzi dell’oro.
Come si diceva tutto gira intorno al petrolio che è diventato la vera guida assoluta del comparto catalizzando interessi e volumi , ciò nonostante gli scambi su ETF si son concentrati soprattutto su Platino e Palladio che mostrano anche loro saldi positivi dei contratti mentre il mercato dell’alluminio appare saturo di offerta. Rame, nickel , piombo e zinco sono invece sempre più in balia della domanda cinese e quindi tra alti e bassi si resta in attesa degli esiti degli incontri dell’International Study Groups Metals China in seno all’APEC (ILZSG,INSG, ICSG) durante i quali vengono pubblicati dati e previsioni del mercato dei metalli non solo per la China che ne’ il maggior acquirente mondiale ma per tutta l’Asia e i Paesi dell’Asian Pacific Economic Cooperation. Da non trascurare poi per il rame l’effetto Africa e nello specifico il caso Zambia ove le dispute sul nuovo regime fiscale vede il contrapporsi di produttori e Governo in un braccio di ferro deleterio per la stabilità’ dei prezzi. Fanalino di coda restano le soft commodities agricole che favorite dal calo del prezzo del petrolio vedono un’offerta copiosa ed a buon prezzo con il prevalere di contratti short record soprattutto per grano e soya e con le uniche eccezioni del cacao e del cotone .
Il primo trimestre 2015 si chiude così positivamente per il settore delle commodities con flussi netti di ordini complessivamente di 6.6 mld di dollari Usa , un record che non si toccava ormai da tre anni ma le prime liquidazioni di alcuni posizioni strategiche mettono in guardia e non distolgono gli operatori dall’evidenza che il “SuperCycle” ormai e’ alle spalle, dopo 14 anni di resistenza, e che le commodities restano un asset class di lungo termine che la deflazione e l’attrattiva per i mercati azionari hanno relegato ad un ruolo secondario in uno scenario di tassi a zero e crescita globale modesta. Da giugno tra rialzo dei tassi , impatto negativo sull’industria energetica e del business agricolo gli Stati Uniti vivranno momenti difficili che faranno rientrare il superdollaro a più miti consigli . Il petrolio si assesterà sui 60 usd WTI per permettere ai sauditi di non toccare le loro riserve internazionali e l’effetto Iran sulle quotazioni e aldilà da venire, mentre restano sul campo importanti variabili geopolitiche che ancora una volta hanno al centro degli obiettivi di conquista degli estremisti islamici l’accaparramento di risorse energetiche per estendere il dominio del califfato.