Che non ci fossero più le mezze stagioni e il clima fosse cambiato già lo avevamo percepito in qualche modo nella prima parte del 2015 ma il secondo semestre ci ha confermato che il cambiamento climatico è ormai un problema diventato strutturale per i mercati internazionali e soprattutto per gestire opportunamente in un allocazione di portafoglio efficiente.
Non ci siamo fatti mancare niente dopo un primo trimestre strepitoso pian piano ci siamo avviati ad una sempre piu’ netta dominanza della volatilità e delle variabili esogene: dal rischio terrorismo e il fenomeno IS, all’implosione del conflitto siriano ed i suoi effetti destabilizzanti nell’area mediorientale, sino alla situazione dei profughi in fuga che hanno costretto l’UE a decisioni unanimi e piani di emergenza come mai nel passato. Fatti e misfatti avvenuti sullo sfondo di uno scenario drammatico per le commodities e per i mercati emergenti , provocati da una crescita globale insoddisfacente e da un ribasso repentino e prolungato del prezzo del petrolio a gravare poi direttamente sulla spirale deflazionistica. Per non parlare della debolezza della divisa cinese nonostante le “svalutazioni” estive che hanno creato non pochi problemi alle performance di molti fondi comuni d’investimento e rinomati Hedge Funds.
Ora sappiamo per certo che di certezze ce ne sono poco e di preoccupazioni ne restano molte come quelle che hanno funestato la fine dell’anno dagli scandali sul comparto High Yield americano a quello delle banche commissariate italiane con effetti travolgenti come uno Tsunami sui segmenti di riferimento ed anche con effetti collaterali come nel caso delle obbligazioni subordinate bancarie dove la prima reazione ha colpito indiscriminatamente il settore bancario italiano senza un doveroso distinguo tra banche in difficoltà da tempo ed il resto del comparto uscito vittorioso e decisamente rinfrancato dagli stress test e dagli SREP , come risultato del processo di revisione e di valutazione prudenziale, effettuati dalla BCE.
In questo mondo di tassi bassi una delle fonti di reddito più gettonate anche per il 2016, nell’imperversare del QE europeo e di una divergenza dei tassi “morbida” tra BCE, BOJ e Fed , resta l’investimento in azioni il più gettonato, e praticato dalla maggioranza degli investitori che non vogliono rassegnarsi a rendimenti forzatamente bassi o limitarsi a proteggere il solo capitale . Ma anche il “salvagente” dei dividendi è da rivalutare alla luce dei problemi delle società legate al settore energetico in particolare ma anche delle corporates del settore Food al dettaglio dove la competizione sui prezzi in un momento di percezione della crisi sociale elevata ha ridotto la profittabilità delle grandi catene di distribuzione.
Tra “i must have” del 2016 : 1) L’inclusione dello yuan rembimbi nel paniere dell’FMI : dal prossimo Ottobre ha permesso una revisione dell’indice MSCI includendo una dozzina di società cinesi quotati negli Usa nel MSCI China Index dove ci si attende vi sia un’attrazione di miliardi di investimenti come riflesso di un ritorno di fiducia sul recupero prima o poi dell’economia cinese , il cui peso è stato incrementato anche nel MSCI Emerging Markets Index . E poi 2) le elezioni USA con un grande classico : lo scontro Clinton contro Bush, le dinastie che tornano sul ring dopo quel lontano 1992.I Clinton batteranno i Bush nuovamente con molta probabilità coronando la prima donna Presidente degli Usa tra mille luci ed ombre di una candidata con un “pedigree” impeccabile ma con troppe luci ed ombre nella gestione di molte vicende di politica estera. Cruciali per il Paese.
Concludendo il 2016 non sarà molto diverso dal 2015 con le Banche Centrali sempre protagoniste ed un dollaro Usa atteso a nuovi massimi di periodo , ma manca la locomotiva di riferimento per ora e non si intravvede un traino per un quadro ancora piuttosto caotico per le questioni geopolitiche dove se e’ vero che per Brasile , Argentina e Venezuela tutto cambierà lo stesso sarà per l’area mediorientale dopo un compromesso sulla Siria che lascerà sul campo un’OPEC disorientata e un’asse Russia /Cina sempre piu’ forte. Che l’Europa si svegli quindi altrimenti più che perdere il treno c’è il rischio non trovi neanche il binario giusto della ripartenza…