La strategia del terrore organizzata e coordinata da Isis sta avendo una escalation preoccupante e che coinvolge sia obiettivi europei come a Parigi sia obiettivi occidentali in Paesi islamici come in Egitto, Tunisia e Indonesia. La distribuzione delle risorse economiche da parte degli Usa da dedicare ad una reazione ordinata e vincente contro la minaccia terroristica in piena campagna elettorale diventa una tematica problematica da gestire per un Obama sempre più debole. I partner europei poi son diventati sempre piu’ diffidenti dopo il coinvolgimento nel conflitto ucraino e contro il partner “energetico” russo e molto prudenti sulle azioni di contenimento del fenomeno IS nell’implosione del conflitti siriano.
La coalizione anti IS è focalizzata in Iraq e Siria e le forze in campo non sono sufficienti all’annientamento dell’apparato militare a disposizione del Califfato , quindi per gli Usa resta un dilemma tattico o inviare rinforzi per combattere a fianco degli altri membri della “coalizione” oppure modificare priorità ed obiettivi partendo dal presupposto che l’escalation di attentati non si fermerà e che la capacità di affiliazione terroristica è forte anche di una manovra parallela tra IS e Al Qaeda contro gli obiettivi occidentali anche se con mire ben diverse gli uni dagli altri.
Se non si faranno piani a lungo termine il numero dei Paesi sotto attacco e quindi focolai di instabilità che si ripercuoterà anche sui mercati finanziari per una sostanziale diminuzione dell’interscambio commerciale e dei flussi finanziari e di investimento si amplierà. Arabia Saudita, Yemen, Lybia , Egitto, Giordania, Tunisia, Marocco, Indonesia, Thailandia e Malesia restano in allerta ma per quelli che hanno già subito attentati i danni al settore turistico son evidenti e per Tunisia ed Egitto devastanti dal punto di vista economico. Non sfugge a nessuno che mentre l’Egitto si stava affrancando nel panorama internazionale con una lotta agli estremisti del Sinai e di Hamas ed economicamente anche con l’attuazione del nuovo tratto del Canale di Suez gli e’ mancato un fattivo supporto militare da parte dell’alleanza, messa in campo nel teatro iracheno-siriano, per prevenire attacchi come quello di Hurgada e incrementare la rete dei controlli con i quali si poteva forse evitare l’attentato contro l’aereo russo esploso nei cieli sopra il Sinai.
La Lega araba si dimostra impotente nelle azioni e nei messaggi esattamente come la sua derivata prossima , l’OPEC, tentenna nell’affrontare il deterioramento inesorabile del prezzo del petrolio . Ormai spiazzata dalle dinamiche di mercato e dalla concomitanza del dumping operato dall’IS con la complice ambiguità dei trafficanti turchi e l’effettiva riduzione della domanda globale .
Quando hai il nemico all’interno e non hai la forza di avviare un’azione mirata ed una condanna pubblica all’estremismo che stravolge l’ideologia di base creandone una fittizia mirata al dominio dei territori e delle genti diventa difficile arginare un effetto domino.
Con il petrolio ai minimi degli ultimi 12 anni e l’atteso annuncio della cancellazione delle sanzioni all’Iran che sbloccherebbe la produzione congelata in seno dell’OPEC i motivi che alimentano una speculazione ribassista sul prezzo del greggio permangono.
La spirale poi di disordine sociale e di violenza prodotta dagli attentati permette alle organizzazioni criminali che li organizzano di avere risonanza mediatica e creare danni su larga scala . Occorre quindi adattare e unire gli sforzi per non permettere una sensazione diffusa di insicurezza e fare il gioco di chi sta gestendo lucidamente una guerra commerciale e finanziaria che si inserisce su una sensazione diffusa di ritorno della deflazione prossima alla certezza.